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18 Apr

Il marketing a misura di startup

Il marketing? Su misura per le startup, ormai numerose e sicure di sé ma bisognose da un lato del marketing e dall’altro del venture capital. È dallo sviluppo di queste aziende innovative che, in parte, dipende la qualità della ripresa dell’economia.
Per farle crescere occorre innanzi tutto il marketing. È stata coniata l’espressione «growth haking» per differenziare il marketing tradizionale, che coinvolge le aziende affermate, da quello specifico per le startup, il cui obiettivo è rafforzarsi e conquistare il mercato. Quali le caratteristiche di questo marketing plasmato sulle nuove imprese? Intanto una creatività che non solo ha come obiettivo la differenziazione sul mercato ma inventa nuove modalità di promozione poiché è impensabile sostenere i costi di una campagna pubblicitaria tradizionale o di una distribuzione-commercializzazione usuale. Vi sarà quindi un uso privilegiato dei social e del web. Il traguardo è costruire una macchina di marketing che si auto-alimenta e via via si modella sulla crescita dell’azienda.

Poi vi è l’esigenza del supporto finanziario ed ecco il venture capital che sembra, dopo anni di incomprensione, avere imboccato la strada dell’interesse verso queste aziende in nuce: nei primi due mesi 2016 sono arrivati alle startup 20 milioni di euro, addirittura +18,4 milioni rispetto al bimestre dello scorso anno, quando gli investimenti si fermarono ad appena 1,6 milioni. Quindi il venture capital ha incominciato a investire su idee innovative supportate da business plan affidabili. «I rendimenti bassissimi se non negativi di Bot e obbligazioni spingono gli investitori a cercare nuovi modi per fare fruttare il proprio capitale», dice Stefano Fabbri (nella foto), della società di consulenza aziendale Skema. «Dall’altro lato le startup scontano le difficoltà di accesso al credito bancario. Entrambe le condizioni facilitano l’incontro tra i due soggetti e questo spiega il boom di inizio d’anno negli investimenti in startup».
Qualche esempio di imprese neonate che stanno crescendo grazie al marketing e a questi investimenti: c’è chi ha creato un marketplace virtuale dove incrociare domande e offerte d’affitto per studenti e lavoratori fuori sede, chi ha approntato un medical device per la risonanza magnetica trasportabile, poi c’è chi ha ideato un sistema che consente di monitorare il consumo di energia e ne garantisce il risparmio.

A fine febbraio 2016 erano 804 le imprese iscritte per ricevere i finanziamenti facilitati, promossi dal Fondo di garanzie per le pmi presso il ministero dello sviluppo economico. La cifra complessiva disponibile è di 325 milioni di euro. Le regioni che finora hanno ottenuto il maggior numero di finanziamenti sono la Lombardia (320 imprese), l’Emilia-Romagna (142), il Lazio (88) e il Piemonte (86).
«L’Italia», aggiunge Fabbri, «ha tradizione di risparmio e non di investimento. Mettere il proprio capitale in attività produttive non è così comune come all’estero, invece aiutare un’impresa a crescere significa creare nuovi posti di lavoro, aumentare l’export, dare prospettive ai giovani e infine ottenere un adeguato ritorno economico».
La scommessa, ora, è intrecciare la finanza con il growth hacking. Conclude un guru del settore, Josh Elman: «Il concetto di growth hacking non è l’ideazione di un messaggio o di uno spot ma si concentra sulle modalità dell’incontro tra il prodotto e il fruitore, cioè si basa sulla comprensione degli utenti e su come essi scoprono e adottano i prodotti, elementi che debbono consentire di costruire una propria emotività e acquisire e mantenere nel tempo ancora più clienti».